Il Signor di Pourceaugnac

Esagerato e divertente Il Signor di Pourseaugnac slovacco che cerca moglie in una Napoli attuale e surreale nell’adattamento dell’omonima  pièce di Molière presentato al teatro Franco Parenti di Milano dalla compagnia  diretta da Emanuele Valenti.

Tutto in questa “farsa minore da Molière” è caricaturale: i costumi, il linguaggio, la gestualità d’avanspettacolo. Sobrie sono solo le cinque quinte (unico arredo di scena), che  gli attori spostano, scompongono e assemblano in un gioco che si fa specchio delle emozioni e degli stati d’animo dei personaggi. Per aiutare due giovani innamorati a coronare il loro sogno d’amore, due intriganti napoletani – una popolana dai costumi morali disinvolti e uno scaltro faccendiere plebeo – escogitano mille tranelli per indurre alla fuga il ricco nobiluomo slovacco venuto nella capitale partenopea per prendere in moglie la ragazza, figlia di un giurista (che qui, in un miscuglio napoletan-molièriano à la Totò si chiama Oronte Esposito Passalacqua), il quale, maritando la figlia, intende aggiustare anche la propria posizione economica. Il signor die Pourseaugnac viene prima ricoverato da sano in ospedale, dove è sottoposto a una serie di cure lassative e dichiarato pazzo, mentre al padre della promessa sposa si fa credere che il “principe” è in realtà pieno di debiti e in pratica sul lastrico. Al pretendente straniero si racconta poi che la sposa prescelta è una civetta di facili costumi, tanto che alla fine né il pretendente straniero né il padre della giovane donna vogliono più questo matrimonio combinato. La ragazza può così gettarsi fra le braccia del suo innamorato.

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