Magellano

A cinquecento anni dalla morte del grande navigatore portoghese

 

 

Partendo dalla biografia che Stefan Zweig pubblica nel 1938 per rendere omaggio all’esploratore portoghese Magellano, la relatrice ha illustrato le varie tappe del viaggio da quest’ultimo intrapreso alla ricerca di un passaggio per le Indie per via occidentale, ossia costeggiando l’America del Sud. Non avendo ottenuto il sostegno del re del Portogallo, Magellano si rivolse al re spagnolo che invece ne accettò e finanziò la spedizione. L’ammiraglio partì da Siviglia il 10 agosto del 1519 con cinque vascelli e meno di duecentocinquanta uomini e, dopo un anno di navigazione, giunse all’estrema punta Sud dell’America, scoprendo lo stretto che collega l’Atlantico al Pacifico e che oggi porta il suo nome. La flotta, ridotta a tre unità per il naufragio di una nave e la diserzione di una seconda, proseguì il suo lungo viaggio verso l’Oceano indiano. Dopo varie peripezie, Magellano e i tre vascelli superstiti giunsero nelle Filippine nel 1521, e qui il grande navigatore fu ucciso in uno scontro con gli indigeni. Il viaggio proseguì con i sopravvissuti e la perdita di un’altra nave. Raggiunte le isole di Capo Verde, Antonio Pigafetta, il vicentino che teneva il diario di bordo, documentando per i posteri l’intera spedizione, si rese conto di aver perso (in apparenza) un giorno. L’unica nave rimasta, la Victoria, capitanata da Juan Sebastián Elcano raggiunse di nuovo il porto di Siviglia nel settembre del 1552: in meno di tre anni era stata compiuta la prima circumnavigazione del globo terrestre.

In conclusione Rovagnati si è soffermata sulla “sfortuna” – di cui parla Zweig nell’ultimo capitolo del suo libro –, che per tutta la vita accompagnò Magellano, un “grande” e insieme un “vinto”, che dalla sua impresa non trasse né onore né ricchezza e i cui sforzi per la scoperta del “paso” fra Atlantico e Pacifico furono di fatto annullati nel 1913 con il taglio del Canale di Panama.

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